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Il Mondo del Latte

L'EDITORIALE DE IL MONDO DEL LATTE

10-04-2017

Aprile 2017


Tra i tanti primati detenuti dal settore alimentare c’è certamente quello del numero di notizie che ogni giorno circolano sull’argomento cibo. Foto di piatti stupendi postate sui social network, programmi televisivi, ricette presentate da cuochi più o meno famosi, commenti del critico gastronomico o del giornalista di turno, eventi a tema e comunicati stampa affollano le nostre giornate. Ma con una peculiarità.

Generalmente, nel mondo dei media, quando si parla di temi che interessano al grande pubblico si creano sempre due schieramenti: da un lato c’è chi ritiene giuste alcune idee o posizioni, le promuove e le commenta positivamente; dall’altro chi la pensa diversamente e fa sentire la propria voce di opposizione.

Invece, nel settore agroalimentare questa costante suddivisione manca del tutto: tutti sembrano schierati sulle medesime posizioni e manca un vero dibattito.

Governo, parlamento, stampa, opinion leader: tutti dicono sempre più o meno le stesse cose. Che si parli di qualità, di sicurezza alimentare, di tradizioni alimentari, di redditi agricoli, di prezzi dei prodotti, tutti si schierano su posizioni popolari e populiste.

E non si trova nessuno che abbia voglia di approfondire, che dica qualcosa di diverso, stimoli una discussione o almeno verifichi se le cose che vengono dette sono vere o false, corrette oppure sbagliate.

Non so dire se parte della colpa sia di chi ritiene migliore un sano silenzio a un virulento e polemico scontro, ma penso che la stampa e la politica abbiano gravi responsabilità, e raramente trovo qualcuno che abbia voglia di mettere in discussione le tesi più popolari, che si sforzi di fare riflessioni un po’ diverse, di analizzare in modo critico le cose che vengono dette e veicolate.

Potrei citare le centinaia di pagine che ripetono tutte le medesime frasi quando si parla di prezzo del latte alla stalla. Quando scende è colpa di chi compra il latte e lo lavora. Sono le industrie di trasformazione che speculano sulla pelle dei fornitori, non il naturale, ciclico andamento dei mercati mondiali a portare verso il basso le quotazioni del latte e delle altre commodity.

Per non parlare del tema competitività. La frase “l’Italia non può essere competitiva” è un assioma e come tale non deve essere dimostrato, né merita di essere messo in discussione.

Potrei ripetere anch’io il mantra che tutti hanno fatto proprio quando parlano della presunta maggior sicurezza dei prodotti 100% italiani. Come se negli altri Paesi europei al supermercato si vendessero veleni, non alimenti sani quanto quelli fatti nel nostro Paese. Come se le autorità degli altri Stati fossero indifferenti alla salute dei loro connazionali. O addirittura conniventi con chi froda. Come se i consumatori del resto del mondo non fossero interessati come noi alla loro salute.

Potrei ricordare le “battaglie” e le “guerre” (usare termini bellici in tempo di pace è di gran moda!) per l’etichettatura dei prodotti.

I consumatori hanno il sacrosanto diritto di conoscere la sede dello stabilimento dove si producono i cibi, l’origine degli ingredienti utilizzati, le ricette dei prodotti, ecc., ma nessuno dice che questi divieti e limiti gravano solo sulle aziende italiane. Come se vivessimo su un’isola in mezzo al mare e la libera circolazione delle merci non fosse il nostro pane quotidiano.

Quante parole, ma soprattutto quanto tempo sprecato, anche per colpa di chi dovrebbe spronare la gente a pensare e a riflettere, ma trova più facile ricorrere al copia e incolla di parole altrui.

 
Adriano Hribal
 
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