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Il Mondo del Latte

L'EDITORIALE DE IL MONDO DEL LATTE

16-11-2017

Novembre 2017


Pochi giorni fa, a Bergamo, l’Italia ha ospitato il G7 agricolo. I sette Paesi con le economie più avanzate del mondo si sono incontrati per parlare di agricoltura, confrontandosi su temi davvero importanti: la gestione delle crisi ricorrenti, legate anche alle calamità naturali e ai cambiamenti climatici; il grande capitolo delle migrazioni, con milioni di persone alla ricerca di migliori condizioni di vita; la sicurezza alimentare, intesa come disponibilità di cibo sufficiente a sfamare una popolazione mondiale in forte crescita; gli sprechi alimentari, la trasparenza lungo la filiera, la tracciabilità dei prodotti.

L’Italia ha cercato di sollevare anche l’annoso problema della tutela internazionale delle Indicazioni geografiche, un tema molto caro alle nostre imprese, ma secondario per altri, che ritengono Dop e Igp una rendita di posizione, oppure si dicono a favore della loro tutela, ma poi contrastano le nostre iniziative, sostenendo che i nomi che noi vogliamo tutelare per loro sono generici.

Per far sentire la nostra voce, ci siamo quindi ritrovati con alcuni dei protagonisti delle Dop, per redigere un documento condiviso, e abbiamo sostenuto, un principio chiave: quello economico. Perché, noi ne siamo convinti, i prodotti Dop e Igp sono prima di tutto un fatto economico.

Per volumi e valori siamo il primo produttore mondiale di formaggi Dop e la distanza che ci separa da chi arranca alle nostre spalle è incolmabile. Se lo siamo diventati, la ragione è una sola: nessuno come gli imprenditori italiani ha saputo trasformare questi prodotti in fenomeno industriale.

E questa logica non vale solo per il nostro settore, ma anche, ad esempio, per i salumi o gli aceti. Tutti i prodotti a Denominazione di origine protetta, diventati famosi nel mondo sono gestiti in modo industriale. Tutti, anche quelli che hanno metodi di produzione più artigianali.

Per questo credo si dovrebbero utilizzare logiche industriali, anche nella gestione dei riconoscimenti, dei disciplinari, dei controlli.

Per molti anni ho fatto parte del Comitato nazionale formaggi, un gruppo di lavoro ministeriale formato da istituzioni e rappresentanti delle associazioni. Vagliavamo i dossier presentati dagli interessati, valutavamo pro e contro delle richieste, ci confrontavamo con gli operatori e solo dopo davamo il nostro nulla osta alla registrazione. Credo che abbiamo fatto un ottimo lavoro: Assolatte è stata promotrice e artefice di gran parte dei riconoscimenti e posso affermare con orgoglio che abbiamo messo in cassaforte tutte le Dop che avessero un significato economico, in un periodo in cui la sensibilità verso questi prodotti era relativa.

Con l’entrata in vigore delle regole europee, il Comitato ha smesso di lavorare, sono cambiate le procedure e si è data la stura a una proliferazione di registrazioni che spesso non hanno senso.

Forse ci vorrebbe coraggio e dire di no più spesso a chi si illude che entrare a far parte del registro europeo sia un passe-partout per entrare nel paese di Bengodi. Senza dimenticare che ottenere la tutela di un numero così rilevante di nomi (e la lista si allunga di mese in mese), temo sia una missione impossibile.
 
Adriano Hribal
 
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