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Il Mondo del Latte

L'EDITORIALE DE IL MONDO DEL LATTE

04-05-2020

Maggio 2020


Queste settimane di lockdown sono state l’occasione per qualche riflessione. La sensazione è quella di essere al largo, col mare in tempesta e strumenti inadatti a trovare la rotta. Si naviga a vista. È evidente che nessuno si è dimostrato pronto ad affrontare un’emergenza globale come quella scatenata da questo maledetto, pericoloso virus. Non la Cina, da cui tutto è cominciato, che dopo aver vinto la prima battaglia – con enormi perdite di vite ed economiche – si confronta ora con i primi casi di ritorno, che certificano che la guerra non è finita. Non l’Italia, che – sarebbe ipocrita nasconderlo – in principio ha enormemente sottovalutato le dimensioni del problema, illudendosi che un Paese evoluto, con un importante sistema sanitario, avrebbe retto l’impatto. Pia illusione. Non gli altri Paesi, che si sono anch’essi illusi che l’emergenza non li avrebbe riguardati. Partiti in ritardo, rincorrono con affanno la pandemia, con ospedali da campo e tendoni, mentre decine di migliaia di persone affollano le corsie. Infine, non l’Europa, lenta a rispondere all’allarme. Una misura delle difficoltà incontrate dal nostro Paese è di certo la quantità di norme, disposizioni, decreti e ordinanze emanate in un mese. Come pure il numero di articoli, approfondimenti, interviste ad esperti e non, talk show dove è stato detto tutto e anche il suo contrario. Che confusione!

Pensiamo, ad esempio, alle distanze di sicurezza: prima si diceva che un paio di metri di lontananza avrebbero impedito la diffusione del virus. Poi bastava un metro e ottanta. Infine, si è stabilito per decreto che un metro dà sufficienti garanzie.

E le mascherine? Servono o non servono a ridurre i contagi? Quale tipo va usato nella vita quotidiana o negli stabilimenti: le chirurgiche o le mitiche Ffp? Devono essere marchiate Ue o bastano quelle che non lo sono? Le fornisce la Protezione civile o bisogna comprarle? E dove?

Per non parlare della gestione dei casi positivi registrati in alcune aziende (per fortuna pochi), rimaste sole per giorni a decidere il da farsi, per la mancanza di procedure standardizzate.

Gli esempi sono innumerevoli. La nostra associazione, in un mese, ha diramato più di cinquanta circolari per cercare di spiegare ai soci cosa fare, come farlo, quali procedure attuare. Centinaia le telefonate con dubbi e preoccupazioni per un mercato che vacilla.

Speriamo che la situazione possa presto migliorare. I dati sembrano indicare che il picco è stato superato e si comincia a parlare di un possibile, progressivo ritorno alla normalità. Anzi, a una nuova normalità, diversa da quella che conosciamo e alla quale tutti dovremo, forse, abituarci… forse!