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Il Mondo del Latte

L'EDITORIALE DE IL MONDO DEL LATTE

14-06-2020

Giugno 2020


Tutti continuano a recitare come un mantra quella che ormai sembra una delle poche certezze acquisite: dobbiamo imparare a convivere con questo virus. E il verbo “convivere” è sicuramente più positivo dell’anglicismo “lockdown”. In periodi di incertezza non c’è nulla di meglio che affidarsi al comfort della propria lingua madre e, andando in profondità, a quella degli avi latini: “convivere”, verbo composto da “cum” e “vivere”. La parte più bella della parola composta è sicuramente “vivere”. Siamo chiamati a un Rinascimento psicologico che ci liberi dalla paura: dobbiamo uscire dall’angolo in cui eravamo costretti, dire “basta” e abbandonare la tana. Vivere è rischioso, anche in assenza di pandemia, ma non vivere significa soccombere. Spetta a tutti noi evitare che la tana diventi una prigione. Dobbiamo avere la forza di farlo anche se abbiamo una compagnia sgradita di cui avremmo volentieri fatto a meno.

Ci sono solo due stati d’animo che una persona può assumere verso qualsiasi cosa nella vita: la speranza o la paura.

La speranza rafforza, la paura uccide.

E in questo percorso gli imprenditori hanno un grande vantaggio: la speranza, perché non si può essere imprenditori senza avere la speranza nel proprio Dna. Speranza che si tramuta in reazione, caparbietà, innovazione, creatività, capacità di combattere contro la pandemia oggi; contro la burocrazia, il cambio valutario sfavorevole, le condizioni generali dell’economia italiana ieri. I nostri imprenditori non sono mai entrati in lockdown. Nei mesi di chiusura l’industria, supportata da lavoratori coraggiosi, non si è mai fermata, infondendo in tutti la speranza che il giorno successivo gli scaffali dei negozi sarebbero stati pieni e che tutti avrebbero avuto ciò di cui avevano bisogno o che desideravano.

L’auspicio è che la forza dell’azione, che in questi mesi di Medioevo per l’industria alimentare non si è mai spenta, si espanda a tutti i settori: turismo, trasporti, design, moda. Perché il ciclo della vita imprenditoriale è un ecosistema e nessuno si salva da solo.

Concludiamo con l’augurio che ognuno di noi possa trovare subito, dentro o fuori di sé, la speranza di “con-vivere”.