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Attualità

IL NOSTRO LATTE E' BUONO, SICURO E CONTROLLATO. IL PARERE DEL PROF. ALFONSO ZECCONI

28-01-2020

Il settore è vittima dell'ennesimo, infondato allarmismo


COMUNICATO STAMPA ASSOLATTE
27 gennaio 2020

Il recente articolo de “Il Salvagente” sul tema dei residui di sostanze antibiotiche e antinfiammatorie nel latte ha suscitato un notevole clamore nei media e, conseguentemente, allarme nei consumatori.

ASSOLATTE HA CHIESTO AL PROF. ALFONSO ZECCONI DELLA SEZIONE ONE HEALTH DSBCO DELL’UNIVERSITÀ DI MILANO, DOCENTE E GIÀ DIRETTORE DELLA SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN IGIENE E TECNOLOGIA DEL LATTE E DERIVATI DELLO STESSO ATENEO, UN PARERE IN MERITO.

“Ho visto il clamore mediatico suscitato da quanto riportato da “Il Salvagente”, clamore che ritengo fosse il vero obiettivo di questa operazione.  Infatti, i dati che vengono riportati si riferiscono ad un’indagine svolta nel 2018, pubblicata pochi giorni fa su una rivista scientifica, nella quale per altro non si citano i prodotti come invece si fa nell’articolo de Il Salvagente. Ci si può chiedere quindi come mai, se l’obiettivo è difendere il consumatore e smascherare le truffe (come dice il sottotitolo della rivista), si sia aspettato così tanto tempo per divulgare tali dati. Credo, purtroppo, che ancora una volta si sia cercato un effetto sensazionalistico, piuttosto che offrire un reale servizio al consumatore.”

Al di là della strategia comunicativa applicata dalla rivista, ritiene comunque che ci siano dei rischi per il consumatore nel consumare i diversi prodotti indicati nella rivista?
 

“Potrei rispondere in modo netto dicendo no, ma sono sicuro che non sarebbe sufficiente a tranquillizzare il consumatore. Come uomo di scienza, ma soprattutto come persona impegnata professionalmente da più di trent’anni a promuovere la più alta salubrità e qualità dei prodotti lattiero-caseari, so che per controbattere ad affermazioni che sostengono di salvaguardare la salute, dire che la cosa non ha senso non è sufficiente. La mia esperienza mi ha però dimostrato che il consumatore, se informato correttamente, ha un’ottima capacità di riconoscere quello che è vero distinguendolo da quello che è “tendenzioso”. Pertanto, credo che sia utile fornire alcuni dati, così che chi ci legge possa tratte le proprie conclusioni.

1) I dati relativi alla concentrazione dei 3 diversi principi attivi (1 antibiotico e 2 antiinfiammatori) sono tutti al disotto del limite massimo di residui (MLR) per le tre sostanze definiti dalla normativa europea. Tali limiti sono stati definiti dopo approfonditi studi che hanno indicato, ad un livello molto inferiore a quello osservato, la quantità di sostanza che può essere ingerita senza pericolo dalle persone maggiormente vulnerabili. Tali limiti sono utilizzati in tutti i controlli che vengono effettuati sul latte all’origine per verificarne la salubrità e tali controlli sono molto frequenti, in diversi casi anche giornalieri, sulla produzione dei singoli allevamenti.

2) La frequenza di campioni “positivi” riguarda circa un terzo dei prodotti per gli antinfiammatori e il 15% circa per l’antibiotico amoxicillina.  Tutti questi farmaci sono regolati da quello che si chiama “tempo di sospensione”, ovvero se un animale viene trattato con prodotti contenenti tali principi attivi, il suo latte può essere consegnato all’azienda lattiero-casearia solo dopo un numero di giorni definito a livello europeo che garantisca l’assenza di una concentrazione superiore agli MRL. Sicuramente curioso il fatto che, nonostante le molecole a disposizione per i trattamenti antinfiammatori e antibiotici siano molto numerose, solo queste siano state ritrovate con frequenze che sono assolutamente non congruenti con i dati ufficiali dell’Unione Europea relativi al consumo dei farmaci. Ad esempio, le penicilline che sono la categoria a cui appartiene l’amoxicillina rappresentano il 27% degli antibiotici utilizzati in Europa nella terapia degli animali che producono alimenti (quindi non solo bovini da latte ma anche suini, polli, bovini da carne etc.) e le preparazioni per la terapia delle mastiti in Italia rappresentano in totale solo lo 0.2% di questi trattamenti.  Questi sono i numeri reali e certi, ma nell’articolo invece risulta che circa il 15% dei campioni sono positivi, come se ci fosse stata un’inusuale concentrazione di trattamenti proprio nel latte poi utilizzato per la produzione dei prodotti scelti per essere testati nell’articolo."


Quindi sta dicendo che i dati sono sbagliati?

“Assolutamente no da un punto di vista analitico, ovvero le tecnologie applicate sono senz’altro attuali e accurate. L’articolo scientifico a cui fa riferimento l’inchiesta de “Il Salvagente” da questo punto di vista è ineccepibile. Credo però che il rigore legato alla scelta dei campioni e l’interpretazione dei dati dovrebbero essere valutati con maggiore attenzione e cautela per quanto riguarda l’articolo de “Il Salvagente”. Per esempio, se usiamo i dati proposti da “Il Salvagente” e consideriamo le tecnologie produttive per il latte pastorizzato e UHT, per ottenere le concentrazioni dichiarate di amoxicillina il 35% delle bovine dovrebbe essere stato trattato e il loro latte appena raggiunto il livello minimo di concentrazione legale (MLR) dovrebbe essere stato usato per la produzione dei prodotti citati nell’articolo. Se consideriamo il desametasone, invece, il numero di animali necessari per avere le concentrazioni dichiarate è addirittura intorno al 90%. È praticamente impossibile che questo possa essere avvenuto nella realtà perché del tutto incompatibile economicamente e legalmente con l’allevamento del bovino da latte. Infatti, se le bovine avessero richiesto una tale mole di trattamenti vorrebbe dire che non erano in grado di produrre latte e chi gli allevatori avrebbero speso cifre enormi e insensate per trattamenti farmacologici inutili.”

Quindi possiamo dire che non corriamo rischi e che si tratta solo di allarmismi privi di fondamento?

“Per quanto riguarda la presenza delle sostanze incriminate nei latti testati, visto che sono rispettati i limiti di sicurezza, direi proprio che non corriamo rischi, tenuto anche conto di quanto detto prima in relazione alla “trasferibilità” del dato nella realtà produttiva. Questo non vuol dire che non si debba essere attenti a queste problematiche e che non si debba perseguire un sempre maggiore rigore nell’uso dei medicinali negli allevamenti. Non bisogna però dimenticare che i farmaci, così come ci permettono di curare le nostre malattie e di soffrire il meno possibile, hanno esattamente la stessa funzione negli animali e una lotta scriteriata contro l’uso dei medicinali in allevamento avrà il solo effetto di aumentare le sofferenze degli animali e peggiorare la salubrità degli alimenti.
Il latte in Italia è un prodotto di altissima qualità e sicurezza, ed è materia prima per moltissimi prodotti italiani che vengono apprezzati nel mondo. Tuttavia, ha oggi molti nemici che attraverso diversi mezzi ne determinano un minor utilizzo, questo non porterà a migliorare la salute della popolazione, ma otterrà esattamente l’effetto contrario.”