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Nutrizione e salute

DALLA LIPOFOBIA ALLA LIPOFILIA. UN NUOVO STUDIO RIABILITA I GRASSI E RILANCIA IL BURRO

01-09-2017

Nuovo match a favore del burro: una ricerca presentata al congresso europeo di cardiologia ha evidenziato il minor rischio di mortalità della dieta ad alto tenore di grassi. Una valida ragione in più per dare al burro tutto il valore. Ma cos’è che lo rende così speciale e, soprattutto, inimitabile?


Limitare i grassi per migliorare la salute è inutile, anzi è persino controproducente, perché se si vuole stare meglio è meglio consumarne di più.  A dirlo è lo studio osservazionale PURE, coordinato dalla McMaster University di Hamilton, in Canada, pubblicato su “Lancet” e accolto con grande interesse al congresso europeo di cardiologia di Barcellona.
 
Da questo studio, che ha coinvolto per 12 anni ben 135mila persone di 18 paesi di tutto il mondo, è emerso che è soprattutto la quantità di zuccheri forniti dall’alimentazione ad aumentare il rischio di mortalità, mentre una dieta ricca di grassi, sia saturi che insaturi, è associata a un più basso rischio di mortalità.
 
La conclusione del pool di ricercatori è che per migliorare la salute delle persone non serve ridurre i grassi, ma aumentarli fino al 35% delle calorie giornaliere. A essere ridotti devono essere, invece, i carboidrati, che dovrebbero scendere ben al di sotto il 60% dell'energia totale quotidiana indicata oggi dalla linee guida.

https://www.escardio.org/The-ESC/Press-Office/Press-releases/revisiting-dietary-fat-guidelines-pure

 
Un’evidenza che cancella decenni di demonizzazione dei grassi e che arriva a confermare quanto emerso da altri importanti studi recenti, i quali spostano l’attenzione sugli zuccheri, considerati i veri “killer” dell’alimentazione moderna.
 
Un’ulteriore significativa conferma di quanto già emerso nel rivoluzionario studio, pubblicato sull’”American Journal of Nutrition” nel 2010. Uno studio clamoroso perché ha sancito il fallimento delle politiche nutrizionali adottate negli Stati Uniti a partire dal secondo dopoguerra: la riduzione dei grassi saturi a favore di zuccheri e carboidrati non ha diminuito né l’obesità né le malattie cardiovascolari, anzi l’”epidemia” è continuata più ampia che mai.
 
Da quello studio, che si è guadagnato una clamorosa copertina del “Time” con il titolone “Eat butter”, è partito il processo di rivalutazione del burro, che ormai, anno dopo anno, si arricchisce di ulteriori conferme da parte del mondo scientifico.
 
La “rivoluzione copernicana” che ha portato i nutrizionisti a rivedere le opinioni sui grassi e a dare giustizia al burro si è poi estesa anche al colesterolo. Gli studi hanno confermato che il colesterolo è necessario per secernere gli ormoni essenziali alla funzionalità e all’integrità dell’organismo. Ma soprattutto hanno spostato l’attenzione dal colesterolo fornito dai cibi a quello prodotto dall’organismo: è quest’ultimo, infatti, quello che va limitato perché ha un maggior impatto sulla colesterolemia totale. Quindi, introdurre le adeguate quantità di colesterolo con l’alimentazione si rivela utile per evitare di stimolare il fegato a produrre più colesterolo endogeno. Una porzione di burro fornisce 24 mg di colesterolo, ossia solo l’8% della dose giornaliera consigliata di colesterolo assunto tramite i cibi.
 
Consumato a crudo, il burro è altamente digeribile perché i suoi acidi grassi a catena corta (come l’acido butirrico) si sciolgono a una temperatura inferiore a quella corporea (circa 30°C) e questo li rende facilmente digeribili e rapidamente assimilabili. Questi grassi buoni non sono amici solo dello stomaco ma anche dell’apparato digerente: infatti l’acido butirrico protegge le cellule del colon e dell’intestino tenue, contribuendo così al benessere dell’intestino, ossia di quello che è il nostro “secondo cervello”.
 
Oltre ai grassi, però, nel burro c’è molto di più (e di buono). Quanti sanno che è una delle più importanti fonti alimentari di vitamina D, l’ormone tanto importante per la salute delle ossa, quello di cui l’80% italiani sono carenti, bambini compresi. La vitamina D, poi, è molto importante anche per gli anziani, quando diventa sempre più indispensabile per “tenersi su” e irrobustire le ossa, mano a mano che l’età avanza.
 
Il burro apporta anche buone quantità di vitamina A, che favorisce la crescita, difende dalle infezioni e protegge le mucose.  Inoltre il mix di grassi che lo caratterizza contribuisce alla crescita e al rinnovamento continuo delle cellule e al mantenimento funzionale delle membrane cellulari. Ecco perché il burro non dovrebbe mai mancare nell’alimentazione, e in particolare di quella dei bambini e dei ragazzi, soprattutto nel periodo scolastico, quando hanno bisogno di tanta energia buona.
 
Un altro plus del burro è il basso contenuto di lattosio: ne contiene solo 31 mg, una dose limitata e facilmente digeribile dall’organismo. Per di più il burro svolge un’azione rigenerativa sull’intestino, stimolando la produzione dell’enzima lattasi e quindi migliorando la digestione del lattosio contenuto nei cibi. Quindi, un consumo regolare di burro aiuta a combattere l’intolleranza al lattosio e a tornare ai normali livelli di lattasi.
 
Il burro è, a tutti gli effetti, un prodotto naturale e semplice. Un prodotto profondamente genuino che nulla ha a che vedere con le “alternative” vegetali che, immeritatamente, hanno cercato invano di sostituirsi al burro “vero”.

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