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Il Mondo del Latte

4 DOMANDE A GUIA SONCINI

03-05-2016

Giornalista e scrittrice dissacrante e ironica, nei suoi testi parla anche del rapporto degli italiani con il cibo


Guia Soncini, giornalista e scrittrice, è una delle penne più brillanti in circolazione: uno stile dissacrante e beffardo, che colpisce nel segno. Ha lavorato in televisione e in radio e per numerose riviste, tra cui “Vanity Fair”, “Io donna”, “D di Repubblica”, “Marie Claire”. È autrice di alcuni libri sui costumi e sui malcostumi italiani. Sul suo sito web scrive di sé: “Quando sarà imperatrice del mondo proibirà l’uso dell’internet agli over 40, nel frattempo passa le giornate su Twitter. È terrorizzata all’idea di trovarsi, un giorno, costretta a cercare un lavoro vero, e deliziata all’idea che questa scandalosa affermazione sia servita da ispirazione a un romanzo di sdegno sociale contro le plutocrati superficiali. Spera, altresì, che nessuno sveli mai al romanziere che lei è invero piuttosto pezzente.”

 
1. Il libro è un’analisi ironica, ma anche spietata della situazione. Come abbiamo fatto a cambiare così tanto il nostro rapporto con il cibo e a ridurci così?
È il cibo che ha cambiato il suo rapporto con noi: era la nonna benevola e generosa che vedevamo solo a Natale, per qualche giorno di tradizioni e indigestioni; è diventato una preoccupazione costante, la cugina zitella e invadente che non ci permette di prescindere da lei e di organizzarci la serata senza tenerne conto. Una volta erano i matrimoni con pranzi di sette portate ai quali si andava sbuffando perché pareva brutto sottrarsi; ora sono i menu degustazione da tre stelle e quindici portate ai quali ci si mette in lista d’attesa per andare.

 
2. Nel futuro, cosa ci aspetta? Ci sono speranze di cambiamento? Ha la sensazione che si tratti di una moda passeggera e che presto rinsaviremo?
Ogni volta che spero si torni a potersi permettere di non sapere se il pane sia di Altamura e il formaggio di fossa, quando chiediamo un pezzo di pane e formaggio, mi sento in colpa pensando che questo mio desiderio coinciderebbe con un picco di disoccupazione. Che ne sarebbe di tutti quelli che lavorano da Gusto Sfizio Delivery (sì, esiste: ho trovato un menu nella buca delle lettere), se ci portassimo in ufficio la frittata di maccheroni fatta con gli avanzi della sera prima? E la Ristogastronomia Stellata (sì, esiste anche lei) che stasera mi porterà un raviolo (uno solo, sennò che stellata è) da mangiare sul divano guardando la tv, che ne sarebbe di lei e dei suoi orizzonti culturali in un universo che regredisce al tempo in cui prendevamo un pollo in rosticceria?

 
3. Esiste una differenza tra cibo reale e virtuale? I media sono pieni di foto, recensioni e ricette iperboliche; la televisione dedica programmi e canali tematici alle ricette. La cucina reale è fatta di queste ricette o di piatti pronti o comunque veloci?
L’altra sera ho scoperto l’esistenza, nel mirabolante universo delle consegne a domicilio milanesi (la consegna a domicilio è il più recente modo in cui Milano si finge New York, dopo il brunch, il sushi e lo squash), di un ristorante che ti manda le pietanze non negli appositi cartocci, ma in barattoli di vetro come quelli che le nostre nonne, quando eravamo studenti fuori sede, usavano per mandarci le melanzane sott’olio. L’unica ragione plausibile per mandarti le polpette in un barattolo di vetro è la fotogenia. Ormai i
ristoranti non sperano d’essere gustati: sperano d’essere instagrammati.

4. Non crede di contribuire anche lei alla mitizzazione del cibo, visto che si rivolge al medesimo pubblico contro cui scaglia le sue frecce? Non siamo un po’ tutti parte integrante di questo ingranaggio infernale?
Chi è senza glutine scagli il primo destrutturato.


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