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I Mercati

STATI UNITI: OK SOLO COL TTIP

23-06-2015

Mercato con ampi margini, ma molto competitivo: l’accordo di scambio favorirebbe le imprese italiane


Da qualche mese l’accordo transatlantico con gli Usa – il famoso Ttip – è al centro dell’attenzione. Visto il crescente interesse per quest’accordo che di certo modificherà gli equilibri attuali, può essere interessante fotografare la realtà produttiva americana e gli attuali flussi di import–export.

Gli Stati Uniti sono un Paese molto grande, che conta quasi 320 milioni di abitanti e una middle class davvero numerosa. Gli oriundi italiani sono una delle comunità più importanti con circa 17,5 milioni di individui.

La produzione agricola è molto abbondante: più di 90 milioni di tonnellate di latte l’anno, trasformato dalle locali industrie. La produzione di latte in polvere è di circa un milione di tonnellate, mentre quella di formaggi supera i cinque milioni, destinati quasi esclusivamente al consumo domestico.

Sul fronte della produzione lattiero-casearia, gli Usa sono sostanzialmente autosufficienti: i volumi importati (148.000 tons), sono meno della metà di quelli esportati (318.000 tons).

Circa il 50% delle importazioni casearie arriva dall’Unione europea, con l’Italia in pole position. Lo scorso anno le nostre aziende hanno esportato negli States circa 29.000 tonnellate di formaggi (il 19% del totale), distaccando Francia, Paesi Bassi e Germania.

I formaggi che hanno maggior successo sono il Pecorino Romano, che nel 2014 ha venduto negli Usa circa 10.400 tonnellate, seguito da Grana Padano e Parmigiano Reggiano, che complessivamente hanno superato le 10.500 tonnellate. Sono questi tre formaggi a farla da padrone, rappresentando più dei due terzi dei flussi commerciali complessivi che uniscono Italia e Usa e il 14% dei formaggi stranieri acquistati dai consumatori statunitensi.

A parecchie lunghezze di distacco troviamo altri formaggi, apprezzati, ma meno importanti per i volumi di vendita: mozzarella, provolone e Gorgonzola.

Complici la limitata produzione di Pecorino Romano e la rivalutazione del dollaro sull’euro, nel 2014 abbiamo registrato una flessione nei volumi venduti e nel fatturato del nostro export.

Gli Usa sono la terza destinazione dell’export nazionale nonché uno dei mercati più interessanti al mondo, anche se l’“Italian sounding” e l’uso improprio delle denominazioni geografiche tutelate, insieme a una capacità competitiva non indifferente, rendono difficile la vita dei nostri prodotti.

A questi problemi si aggiungono le difficoltà derivanti da una normativa sanitaria non armonizzata e molto complessa, che costringe le imprese a dedicare linee produttive ad hoc per i prodotti destinati al mercato statunitense. C’è poi il capitolo antiterrorismo, che dopo la strage dell’11 settembre ha stretto le maglie e reso ancora più difficile l’accesso al mercato.

Ci sono quindi enormi potenzialità da sfruttare e una grande attesa per il futuro dell’accordo che si spera possa dare risposte alle imprese italiane rendendo più semplice l’accesso agli scaffali yankee.



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