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Winter Fancy Food

I Mercati

APRE A SAN FRANCISCO IL WINTER FANCY FOOD, MA PER I FORMAGGI ITALIANI IL MERCATO USA E' A RISCHIO

15-01-2016

L'autentico "made in Italy" si presenta al Winter Fancy Food Show, il salone dell'alimentazione che si apre il 17 gennaio a San Francisco. Per i nostri eccellenti formaggi, però, il mercato statunitense si fa sempre più difficile: barriere all'ingresso e dazi doganali stanno mettendo a dura prova le aziende casearie italiane. Intanto, sottolinea Assolatte, la produzione casearia statunitense continua a crescere e i formaggi "made in Usa", spesso cloni di quelli italiani, guadagnano spazi sia sul mercato interno che su quelli internazionali


L'Italia è il Paese partner dell'edizione 2016 del Winter Fancy Food Show, l'importante Salone internazionale dell'alimentazione in programma a San Francisco dal 17 al 19 gennaio. Sotto la bandiera "The Extraordinary Italian Taste" verrà presentato il meglio della produzione italiana, con I formaggi "made in Italy" da fare da protagonisti.
 
Del resto, sottolinea Assolatte, i formaggi sono l'alimento “made in Italy” più acquistato negli Usa e il terzo prodotto alimentare più importato dall'Italia, dopo vino e olio. Inoltre i produttori italiani sono i principali fornitori di formaggi degli States, con una quota che si aggira sul 30% dell'import caseario complessivo statunitense. A lunga distanza ci seguono i francesi, con una quota di mercato pari alla metà di quella italiana. Ma i nostri veri concorrenti sono i produttori Usa: la produzione statunitense di formaggi cresce ininterrottamente da 12 anni e l'export è aumentato del 688% tra 2000 e 2014.

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I consumatori americani amano i formaggi italiani, li ritengono prodotti d'eccellenza e considerano l'origine italiana una garanzia di qualità. Ne apprezzano le caratteristiche gastronomiche ma anche la varietà, il che li porta ad acquistare prodotti molto diversi tra loro: dalla Mozzarella a Mascarpone, dal Grana Padano al Provolone, dal Parmigiano Reggiano al Pecorino Romano al Gorgonzola. Un gradimento che ha portato i nostri prodotti ad essere i leader dell’import USA di formaggi.
 
Ma, spiega Assolatte, a dispetto di queste ottime premesse, del grande potenziale di vendita ancora inespresso e della crescita attesa dei consumi di formaggi (+18,8% nell'arco di un decennio secondo le stime Oecd-Fao), il mercato statunitense sta diventando sempre più difficile per le imprese casearie italiane, che nei primi 9 mesi del 2015 vi hanno venduto 24.178 tonnellate di formaggi per un valore di 208,5 milioni di euro.
 
Le barriere all'ingresso, i dazi doganali e i costi crescenti stanno mettendo a dura prova le aziende casearie italiane, denuncia Assolatte.
 
 «È un mercato enorme e con grandi potenzialità, ma anche con alcune criticità – afferma Alberto Auricchio, amministratore della  Auricchio S.p.A., storica Azienda leader mondiale nella produzione di Provolone che esporta i suoi formaggi in 50 Paesi del mondo – Per portare i nostri formaggi su questo mercato dobbiamo infatti pagare un dazio del 15%. Per la loro qualità e per motivi che tutti conosciamo i nostri prodotti sono già molto più cari di quelli locali e di quelli prodotti dai nostri concorrenti. I dazi incidono quindi di più e rendono i nostri prodotti poco competitivi. »
 
Le aziende italiane devono sostenere dazi elevati, di molto superiori a quelli previsti per altri comparti merceologici. Sui formaggi importati fuori contingente, inoltre, questi dazi sono così alti da arrivare addirittura a metterli fuori mercato.
 
A queste barriere tariffarie, spiega Assolatte, si aggiungono poi quelle extra-tariffarie. Come i requisiti igienico-sanitari diversi da quelli europei, che ci costringono a specifiche certificazioni con costi elevati per le imprese italiane. Fattori che aprono pesanti incognite sulla possibilità che gli Usa ne approfittino per alzare nuove barriere nei confronti dei formaggi italiani, avvantaggiando così le produzioni "made in Usa". Se ciò avvenisse, anche il mercato statunitense – dopo quello russo - diventerebbe ‘out‘ per alcuni dei nostri formaggi più esportati, assestando un altro duro colpo al nostro settore e al vero ‘made in Italy‘.
 
Altri elementi a sfavore, secondo Assolatte, sono la contraffazione e l'"Italian sounding”, visto che i formaggi sono il prodotto italiano più esposto alla concorrenza del “fake Italian” nel mercato Usa.
«Vista la fama e la qualità dei nostri formaggi – prosegue Auricchio, presente Al Fancyfood con i suoi formaggi - i produttori americani da anni si sono gettati nel mercato dei prodotti di imitazione. E non si limitano a copiare i prodotti e i nomi dei prodotti. Arrivano a riportare in etichetta simboli e disegni che rimandano al nostro paese, ingannando così i consumatori, che pensano di comprare un formaggio italiano, quando in realtà di italiano non ha nulla»
 
Gli imitatori USA ricorrono a ogni genere di trucchi e anche la posizione ufficiale del Governo USA non sempre è rispettosa della tradizione italiani, come dimostra il sostegno dato alle posizioni del Ccfn (Consortium for Common Food Names).
 
«Per questo la campagna di valorizzazione del vero made in Italy voluta dai Ministri Calenda e Martina deve essere accompagnata da un accelerazione sul TTIP – conclude Auricchio. E se non possiamo più ottenere la tutela dei nostri prodotti – come speravamo di fare – dobbiamo insistere affinché sia esplicitamente vietato che prodotti che non vengono dal nostro paese non riportino etichette, disegni e richiami al nostro paese. Visto quello che si vede nei supermercati USA non si tratta più di una battaglia a difesa delle nostre tradizioni, ma di una vera e propria campagna per i consumatori americani che non devono essere presi per i fondelli  da etichette ingannevoli.»