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Il Mondo del Latte

4 DOMANDE A DARIO BRESSANINI

24-08-2015

Chimico ricercatore e autore di vari libri


Dario Bressanini è chimico ricercatore presso il dipartimento di Scienze chimiche e ambientali dell’Università degli studi dell’Insubria a Como. Grande appassionato di scienza e di comunicazione, affianca alla vita accademica l’attività di divulgazione, sia in televisione che nel mondo del web. Cura, infatti, il blog Scienza in Cucina su Le Scienze, un contenitore molto interessante che invitiamo i nostri lettori a seguire.

Oltre alle numerose pubblicazioni scientifiche, legate al suo lavoro universitario, Bressanini è autore di alcuni libri che hanno avuto un buon successo di pubblico e di critica e che la dicono lunga su come la pensi. Basta leggerne i titoli per capire che siamo di fronte ad un vero e proprio agente 007 dell’antibufala, di una persona che ama capire il mondo che lo circonda, di uno scienziato che vuole insegnare a diffidare di quella falsa scienza che trova nella rete un amplificatore eccezionale.

Bressanini parla ai lettori in modo semplice, pacato e autorevole, li invita a pensare e raccomanda di non farsi influenzare da quel che spesso – troppo spesso – il web trasforma in verità. E ha un buon numero di aficionados con cui si confronta, discute, qualche volta scherza.

Premio giornalistico Assolatte nel 2012, è stato uno dei protagonisti della tavola rotonda che poche settimane fa ha animato la settantesima assemblea dell’associazione.

1. Da una recente indagine di Assolatte, è emerso che il popolo antimilk è “solo” il 4% dei naviganti. Eppure in rete e sulle rassegne stampa i pochi detrattori riescono a far sentire la propria voce molto di più della maggioranza, e fanno proseliti. Secondo lei, dipende dagli strumenti che usano, dal linguaggio o da cosa?
Questa è una caratteristica comune di molti movimenti che sono contrari a qualche cosa. Si pensi per  esempio al tema dei vaccini o della sperimentazione animale oppure, per restare in campo alimentare, a tutte le bufale che girano sullo zucchero. Nel mondo della rete usare un linguaggio a tinte forti, che per esempio richiama malattie e disastri, paga perché questi messaggi vengono diffusi molto più velocemente degli articoli pacati e ragionati. Fanno leva sul meccanismo universale di far pensare al lettore che qualcuno gli stia nascondendo qualche cosa, che esista un complotto che impedisce di diffondere l’informazione “vera”, e quindi l’invito a “far girare” quel messaggio si traduce in una autogratificazione di chi lo fa, perché è riuscito a “sfuggire al sistema”.

2. La rete è un eccezionale amplificatore e permette a chiunque abbia una connessione di dire quello che pensa. Senza pensare di mettere il bavaglio al media più potente che l’uomo abbia mai inventato, non crede che si dovrebbero fissare regole di ingaggio più efficaci? Definire e divulgare una sorta di ranking di credibilità delle fonti che aiuti a far cultura e non disinformazione?
Questo non funziona in pratica. Sono anni che Google ritocca il suo algoritmo di indicizzazione delle pagine, per cercare di segnalare quelle “più autorevoli” prima di altre, ma non funziona granché. Direi che una strategia più efficace, a lungo termine, è quella di abituare il lettore che chiunque faccia affermazioni deve anche portare le prove, altrimenti quello che ha scritto non è valido. Ora, invece, e a me capita spessissimo, il lettore tipico è abituato al contrario: legge delle affermazioni clamorose (quasi sempre bufale) e poi chiede a chi non ci crede di “smontare” quello che ha letto sul web. Ecco, andrebbe ribaltata la prospettiva per ridare l’onere della prova a chi fa delle affermazioni, specialmente quelle che riguardano la salute e l’ambiente.

3. La rete lancia continuamente nuove mode, anche nel settore dell’alimentazione. Le informazioni – buone e cattive – circolano velocissimamente, ma la sensazione è che questo turbinio lasci poche tracce. Vere e proprie ondate che tantissimi cavalcano per un po’ di tempo per sentirsi parte del gruppo ed essere “in”. È d’accordo con l’analisi? Secondo lei da cosa nasce questo atteggiamento, tipico della rete?
È vero che le mode sono velocissime, ma non concordo che lascino poche tracce. Ogni bufala ripetuta in rete sufficientemente a lungo, prima o poi arriverà anche sulla carta stampata (che troppo spesso ormai fa dei “copia e incolla” di quello che trova in rete, senza un minimo di controllo delle fonti), e lì può rimanere per decenni ed amplificata. Basti vedere, per esempio, il numero di riviste cartacee di cucina dedicate al “senza glutine” o alle “intolleranze”, quando è noto che una buona fetta di persone che sostengono di essere intolleranti a vari alimenti, non lo sono veramente. È sicuramente anche un fatto identitario il sentirsi parte di un gruppo e il poter condividere con altri i propri problemi (che indubbiamente esistono), cercando a volte un bersaglio facile e riconoscibile: il latte, il glutine, lo zucchero, il glutammato e così via.

4. Le mode, quando riguardano alcuni temi, diventano pericolose. Basta pensare a quel che succede con le campagne contro le vaccinazioni, ai rimedi miracolosi che dovrebbero curare malattie gravissime (il caso stamina è emblematico), al vegan esimo imposto ai bambini. Gli scienziati accreditati vengono accusati di essere prezzolati e la fiducia della gente diminuisce. Come invertire questa tendenza catastrofi sta da Grande Fratello?
È un problema su cui la scienza si interroga da decenni. All’origine ci sono la perdita di fiducia della società nei confronti degli scienziati e l’idea, ormai abbandonata dalla comunicazione della scienza, che il pubblico sia solo un contenitore vuoto da riempire di informazioni. È quello che, nella comunicazione della scienza, viene chiamato “deficit model”. La tendenza moderna è di “ingaggiare” il pubblico, cercare di farlo sentire partecipe delle decisioni (per esempio nel caso dei vaccini) e di instaurare un dialogo. Tenendo conto che le frange estremiste non si  possono recuperare e che si deve invece lavorare sul pubblico che è semplicemente frastornato dalla gran massa di informazioni contrastanti.

 
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